L’APSILEF (Associazione Professioni Sanitarie Italiane Legali e Forensi), in collaborazione con NurseTimes, visto i sempre più frequenti errori terminologici commessi dai media, vuole, con questo articolo, fare chiarezza.
Sempre più spesso, i media, quando parlano di professionisti sanitari e, di infermieri, nello specifico, tendo a denominarli come “paramedici”. Ma è corretto?
Iniziamo dal significato proprio del termine:
Paramèdico agg. [comp. di para–2 e medico3] (pl. m. –ci). – 1. Che opera, con adeguata professionalità, nel settore della sanità, con compiti e funzioni che affiancano, coadiuvano l’opera del medico: il personale p.; anche come sost.: i p., la categoria dei paramedici. 2. Che si riferisce al personale paramedico, che è proprio della categoria dei paramedici.
Paramedico, in questo caso, appare immediatamente come un termine con un’accezione negativa, indicante un ruolo inferiore a quello medico.
Nella realtà italiana, infatti, questa figura non esiste, a differenza di altri paesi (es. Regno Unito, Irlanda, U.S.A., etc.) dove il paramedico è un tecnico riconosciuto e disciplinato da apposite leggi.
Il paramedico è un tecnico dell’emergenza che si forma separatamente e in modo differente da infermieri e medici. In Canada, per diventare paramedico, bisogna frequentare un corso biennale, in America, invece, un corso di 700 – 1300 h.
La formazione infermieristica, in Italia, è nettamente migliore e più approfondita, con un Corso di Laurea triennale, senza contare tutte le possibilità di sviluppo formativo – professionale conseguente al titolo abilitante.
Il ruolo del paramedico è quello di valutare le condizioni e assistere i pazienti vittime di problemi di natura medica o traumatica....
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Accolto l'appello di una infermiera piemontese, sostenuta dal Collegio provinciale OPI, che in primo grado era stata condannata a pagare alla Regione i danni liquidati a una paziente caduta da una barella.
Con sentenza numero 127/2013, la Corte dei Conti del Piemonte aveva condannato un'Infermiera delle Molinette a pagare alla Regione i danni liquidati a una paziente caduta da una barella.
L'Infermiera ha impugnato quella sentenza dinanzi alle Sezioni centrali d'Appello della Corte, con sede a Roma.
Il Collegio OPI di Torino ha deciso di intervenire in appello a sostegno delle ragioni dell'iscritta, nella consapevolezza di operare per la tutela del decoro e della professionalità dell'intera categoria.
Per come si erano svolti i fatti, la condanna era subito apparsa ingiusta e ingiustificata: essa si sarebbe tradotta in un pregiudizio per l'intera categoria, ledendo l'immagine della professione e della credibilità dell'intero personale infermieristico, sempre più spesso chiamato a operare in complesse condizioni lavorative.
Inoltre, in questo come in numerosi altri casi, era evidente che la condanna al risarcimento del danno in sede civile, liquidato direttamente dall'Azienda in quanto non coperto dall'assicurazione e quindi costituente danno erariale conseguisse a scelte difensive dell'Azienda stessa non appropriate e comunque tenendo all'oscuro l'Infermiera coinvolta.
Con sentenza numero 677, la Corte dei conti, Sezione Terza d'Appello ha valutato inammissibile l'intervento del Collegio OPI di Torino, ma ha accolto l'appello dell'Infermiera, prosciogliendola da ogni addebito e condannando l'Azienda ospedaliera a pagare le spese legali del doppio grado di giudizio.
Il Giudice di appello ha affermato l'erroneità della sentenza di primo grado in quanto non era stata provata l'omissione delle elementari misure a tutela della degente da parte dell'Infermiera. Era completamente mancata la prova sia di una condotta contraria ai doveri professionali, sia di un qualsiasi nesso di causalità tra le azioni dell'Iscritta e il danno alla degente.
In particolare, nella sentenza si sottolinea che la conclusione cui si è giunti in primo grado è stata basata esclusivamente su quanto deciso in sede civile, senza però considerare che la condanna dell'Amministrazione in sede civile non può automaticamente scaturire una condanna erariale di soggetti diversi da quelli convenuti innanzi al Giudice ordinario.
Ciò soprattutto nel caso di specie, in cui, come scrive la Terza Sezione d'Appello della Corte dei conti, "le modalità difensive dell'Amministrazione sanitaria, in sede di giudizio civile, scontano qualche leggerezza, di certo indotta dall'esigenza di chiudere e al più presto la vicenda". Infatti, secondo il Giudice di appello la Sezione piemontese della Corte dei conti aveva erroneamente valorizzato "le testimonianze delle accompagnatrici della paziente che, tuttavia, non erano presenti al momento della rovinosa caduta", senza invece tenere in nessun conto le testimonianze del personale del Pronto soccorso, che descrivevano una dinamica dei fatti di segno nettamente opposto. In particolare, la sentenza di primo grado si era fondata sul presupposto che le spondine della barella fossero abbassate, come asserito dalle testimoni della paziente, mentre tutte le dichiarazioni rilasciate dai medici e dagli infermieri del Pronto soccorso affermavano esattamente il contrario.
Il Giudice di Appello ha così concluso che "non vi è la prova che il fatto lesivo sia stato prodotto, o comunque agevolato, da una condotta antigiuridica ascrivibile" all'Infermiera.
"Si tratta di una sentenza importante, che spezza il binomio sinistro ospedaliero-responsabilità degli esercenti le professioni sanitarie e che responsabilizza le Aziende sanitarie/ospedaliere che, a fronte del regime cosidetto autoassicurativo in sanità, non possono difendersi male nei processi civili, pagare i danni e poi denunciare alla Corte dei conti gli Infermieri di turno, così da ottenere che questi ultimi rimborsino quegli stessi danni", dichiara la vicepresidente del Collegio provinciale OPI di Torino, Barbara Chiapusso.
Il dibattito sulle vaccinazioni e sul loro regime giuridico – obbligatorie e raccomandate – è esploso in questi mesi.
La discussione se la salute possa o debba essere o meno imposta dallo Stato è di antica data e fa riferimento all'articolo 32 della Costituzione.
Come è noto, la Costituzione prevede la volontarietà implicita dei trattamenti sanitari, riservando l'obbligatorietà solo in caso di previsione legislativa (c.d. riserva di legge)
I trattamenti sanitari diventano obbligatori, quindi, solo se sussiste l'interesse collettivo nei casi determinati dalla legge.
Per imporre a qualcuno un trattamento – o un accertamento sanitario – deve, dunque, esserci un atto di legge, il quale però deve comunque avere alcuni precisi presupposti e limiti.....
Per la prima volta in Italia è stata concepita e conclusa una iniziativa volta al recepimento della Legge Stanca del 9 gennaio 2004, n. 4 (G.U. n. 13 del 17 gennaio 2004) recante «Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici». Il contenuto di questa pagina proviene dall'OPI Carbonia Iglesias, ringraziamo i colleghi.
Nei siti internet degli OPI Carbonia Iglesias, Bologna, Frosinone, Pavia, Pordenone, Pescara, Teramo, Ragusa, Foggia, Ancona, Rimini, Alessandria, Napoli, Sassari e Oristano, aderenti alla FNOPI Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche, stiamo ufficialmente e definitivamente per inserire, dedicate ai disabili sensoriali e loro care giver che avessero necessità e/o interesse di approfondire sulla professione infermieristica:
Nella vita professionale e nella rappresentanza istituzionale della FNOPI Opi provinciali ci sono momenti che suggellano un percorso, un impegno, un modo di vedere l’agire per nome e per conto di infermieri e assistiti.
Poter esporre questo progetto in dirittura d’arrivo complessivo e definitivo è uno di quei momenti perché non ci stiamo accingendo a pubblicizzare un video da parte di una infermiera sorda o da un infermiere interprete o un libro fine a se stesso o un audio realizzato da studenti infermieri, ma a condividere con i cittadini una lettura del mondo che circonda l’ambito nel quale gli infermieri dei nostri territori operano quotidianamente partendo dai bisogni dei più fragili, dei disabili, degli inabili, degli inascoltati, dei non percepiti.
Ci siamo impegnati e continueremo ad impegnarci per intercettare una necessità delle comunità dei ciechi e dei sordi: essere posti nelle medesime condizioni di chi vede e sente, nel nostro caso per mano degli infermieri ai quali si affidano nel contesto della responsabilità del governo dell’assistenza ospedaliera e territoriale, intimamente convinti che questo gesto di riguardo nei confronti dei nostri interlocutori abbia un valore aggiunto ed un peso specifico che l’infermieristica meritava di vedere inclusi e riconosciuti e annoverare tra le qualità che la contraddistinguono tra le professioni d’aiuto e sanitarie.
Quando si valuta una barriera da rimuovere per la fruizione di risposte assistenziali all’altezza delle aspettative e dei diritti dei cittadini, la professione infermieristica è e sarà sempre la prima a cercare soluzioni anche nelle difficoltà delle disabilità sensoriali e quindi nella sfera della comunicazione: questo era il nostro obiettivo e questo abbiamo portato a compimento testimoniando come si possano declinare a livello territoriale sollecitazioni a recepire leggi delle Stato, alla buona amministrazione e alla competente rappresentanza degli Ordini Professioni Infermieristiche provinciali che presiediamo unitamente al Consigli Direttivi.
In particolare: