L'evento, promosso dall'associazione APRIRE, vede coinvolta la Federazione nel Panel Giuria e molto Infermieri esperti nel Comitato tecnico scientifico.
Procedono spediti i lavori del Comitato tecnico scientifico in preparazione della Conferenza di consenso: "La cura nelle fasi terminali della vita nel grande anziano. Cure palliative e accompagnamento a domicilio, nelle residenze per anziani e in hospice" che sarà celebrata nel mese di ottobre 2018. L'evento è promosso e finanziato dall'associazione APRIRE - Assistenza PRimaria In REte - Salute a Km 0.
Si è inoltre costituito il Panel Giuria, all'interno del quale la Federazione nazionale OPI avrà il compito di esaminare, correggere, integrare ed, infine, approvare il Documento di consenso.
Molti gli infermieri presenti anche nel Comitato tecnico scientifico: Cinzia Bertelli, Infermiera cure palliative Associazione Nazionale Tumori; Simonetta Di Meo, Infermiera Dirigente Servizio Infermieristico Territoriale ASST Spedali Civili; Serena Sperotto, Infermiera Cure Domiciliari ASST Brescia; Ermellina Zanetti, Infermiera Associazione APRIRE Network.
La Conferenza di consenso consiste nella stesura di raccomandazioni da parte di una giuria al termine di una presentazione e consultazione di esperti che sintetizzano le conoscenze scientifiche su un dato argomento.
Dal loro esordio negli anni Sessanta nel Regno Unito, le cure palliative si sono estese in tutto il mondo
occidentale, acquistando le caratteristiche di una vera e propria disciplina specialistica.
Sviluppatesi nel contesto assistenziale della malattia oncologica avanzata, le cure palliative sono state in
seguito estese all'Aids o ad altre malattie croniche come lo scompenso cardiaco, l'insufficienza renale,
l'insufficienza epatica, le broncopneumopatie croniche ostruttive e le sindromi neurologiche degenerative. Terminale viene inteso comunemente il paziente con aspettativa di vita non superiore a sei mesi, ma l'identificazione in termini così rigidi si è dimostrata difficile da attuare, in particolare nel caso di diagnosi non correlate al cancro. Per ovviare a questa grave limitazione, il National Hospice Organization negli Stati Uniti, ha proposto dei criteri di eleggibilità per il ricovero in hospice, basati su dati anamnestici, clinici e laboratoristici che sono stati successivamente utilizzati per l'identificazione dei pazienti terminali. Tuttavia, il tentativo di validazione clinica di tali criteri in pazienti con malattie croniche avanzate non neoplastiche, ha dimostrato la loro inattendibilità predittiva.
Gli obiettivi della Conferenza di consenso promossa da APRIRE network sono:
1. Definire i criteri prognostici di terminalità specifici per il grande anziano.
2. Identificare gli interventi palliativi appropriati per l'assistenza e la cura, a domicilio, nelle strutture
residenziali e in hospice, del grande anziano nelle fasi terminali della vita.
3. Identificare gli interventi per il supporto alla famiglia e ai cargiver formali e informali.
4. Individuare criteri e indicatori per la valutazione della qualità dell'assistenza e della cura nelle fasi
terminali della vita del grande anziano.
Per saperne di più: https://www.aprirenetwork.it/
Si chiama MAP, Metodo Assistenziale Professionalizzante ed è il meccanismo presentato a Torino durante il convegno Ecm "Assistere in sicurezza. DRG e assorbimento di risorse assistenziali: un metodo a supporto di Professionalità e Governance", organizzato dal Collegio OPI del capoluogo piemontese
Si chiama MAP, Metodo Assistenziale Professionalizzante. Ed è il meccanismo presentato a Torino durante il convegno Ecm "Assistere in sicurezza. DRG e assorbimento di risorse assistenziali: un metodo a supporto di Professionalità e Governance", organizzato dal Collegio OPI del capoluogo piemontese.
Il MAP è un vero e proprio supporto per la pianificazione assistenziale infermieristica e ha come obiettivo quello di proporre e sperimentare un metodo per la messa a punto di piani di assistenza standard in relazione a specifici problemi di salute, costruendo uno strumento informatizzato, flessibile, di facile uso che, in ragione della complessità della persona assistita, sostenga razionalmente la definizione delle dotazioni organiche.
In estrema sintesi, le ricadute attese del Map sono quelle di liberare "spazio mentale" per la pianificazione personalizzata, armonizzare l'azione professionale collettiva e favorirne il coordinamento, sostenere l'atteggiamento proattivo, rendere più evidenti le differenze di responsabilità rispetto agli OSS, quantificare con maggior precisione l'intensità assistenziale standardizzabile.
L'utilizzo del MAP a livello di Collegio di Torino è anche stato utilizzato come metodo a supporto della strategia negoziale sul fabbisogno di personale con la Regione Piemonte grazie a elaborati di gruppi di lavoro utilizzabili per costruire piani standard.
In questo caso è stato definito "MAP risorse" ed è stato utilizzato come strumento che oltre a supportare la pianificazione assistenziale, contribuire alla definizione di standard ai quali tendere, documentare l'attività periferica: costruzione e valutazione dinamica delle dotazioni organiche a livello della singola struttura, dipartimento, presidio, azienda, offre una risposta appropriata ai bisogni dell'utenza e una risposta altrettanto appropriata ai bisogni degli infermieri di lavorare, appunto, appropriatamente e di gestire i tempi lavoro per rispondere con le proprie competenze alle necessità assistenziali.
Il MAP è applicabile anche sul territorio (MAPt) e in questo caso è in grado di documentare la complessità, sostenere la presa in carico e formulare una proposta di ottimizzazione dei servivi.
Il MAP insomma è ritenuto utile per programmare meglio, per concentrarsi meglio sulla personalizzazione, per armonizzare le cure, per ridurre il rischio di dimenticanze, per attribuire le attività all'Oss, per migliorare la documentazione.
Il MAP rappresenta l'inizio dell'interesse verso la complessità assistenziale e si basa su dotazioni organiche definite in base a criteri molto diversificati, soprattutto minutaggio per specialità, tenendo presenti le differenze importanti di organico quali-quantitativo tra strutture simili.
E la valutazione della complessità assistenziale e la definizione del fabbisogno di risorse umane sono i due strumenti che il MAP mette in campo per rilevare le variabili alterate, classificare il livello di complessità, identificare le necessità assistenziali, definire obiettivi, azioni e valutare gli esiti, definire il numero di professionals e di operatori di supporto necessario per assistere ogni persona assistita.
La sua utilizzazione vale sia in ambito organizzativo dove l'infermiere con posizione gestionale, a partire dai dati rilevati dagli infermieri clinici è in grado di calcolare e modulare in breve tempo il fabbisogno quali-quantitativo di personale per erogare l'assistenza necessaria rispondente a criteri di qualità, sicurezza e sostenibilità economica, sia in ambito assistenziale in cui l' infermiere clinico in grado di rilevare tutti gli elementi costitutivi la complessità assistenziale, elaborare il piano di assistenza, tracciare l'assistenza e documentare gli esiti.
Al convegno d Torino il MAP - di cui si riportano in allegato tutte le relazioni presentate al convegno e il video relativo all'intero evento - è anche stato valutato dagli oltre 200 infermieri intervenuti al corso Ecm, che rispetto alla domanda loro formulata in che misura nelle organizzazioni sanitarie, si sente la necessità di un metodo che definisca il fabbisogno di personale – il MAP appunto – hanno risposto nell'88,1% dei casi "molto rilevante", nell'11,2% "rilevante", hanno giudicato "poco significativa" la necessità nello 0,2% dei casi e nessuno ha comunque ritenuto che il metodo fosse "poco rilevante".
All'ulteriore domanda "Riterresti utile che il metodo e lo strumento presentati fossero utilizzati nel tuo contesto organizzativo per garantire miglior qualità nell'assistenza?" le risposte sono state nel 72,1% dei casi "sarebbe molto utile" e nel 20% "sarebbe utile. Il 7,1% lo ha giudicato "parzialmente utile" e solo lo 0,8% "non significativo".
Critiche invece le risposte alla domanda riguardante la misura attuale, nei vari setting di cura, dei metodi utilizzati per la composizione di equipe assistenziali che tengano conto dei livelli di complessità. Il 59,7% delle risposte infatti l'ha giudicata "insufficiente", ma il 22,7% "inesistente". Il 15,6% ha risposto "in modo parzialmente adeguato" e solo il 2% ritiene che i metodi attuali siano adeguati.
Infine una domanda diretta sul lavoro svolto dal Collegio di Torino per applicare il metodo MAP per sapere In che misura può contribuire a migliorare la definizione delle dotazioni di personale infermieristico e di supporto. "Molto rilevante" e "rilevante" sono state l'85,4% delle risposte, "parzialmente significativa" il 12,6% e solo il 2% l'ha giudicata "per nulla signifcativa".
Ancora un appuntamento con la nostra rubrica, abbiamo incontrato la nostra collega Maria in servizio presso il U.O.C. di Urologia che ringraziamo per la sua disponibilità e gentilezza.
Parlaci di te. Come hai scelto di fare l'infermiere?
Ciao, ho scelto di fare l'infermiera dopo aver terminato le scuole superiori, sin da bambina giocavo con i miei coetanei a fare l'infermiera. Un giorno, mi trovai sul posto di lavoro di mio padre e vidi una locandina dove pubblicizzavano la "Scuola Infermieri Professionali", così decisi di iscrivermi, ma per accedere bisognava fare una selezione. Contro il parere dei miei famigliari mi sono recata a fare la selezione, eravamo 120 ragazzi solo 60 passarono la selezione, io compresa.
Quale è stato il tuo percorso formativo e lavorativo?
Il mio percorso è iniziato all'Ospedale Santo Spirito di Pescara, eravamo quattro ragazze appena diplomate, con molta paura iniziammo questo percorso nel reparto di Geriatria, è stata veramente dura però siamo riusciti ad ottenere dei bei risultati.
Qual è il tuo rapporto con i colleghi ?
Il rapporto con i miei colleghi è stato quasi sempre positivo, grazie al mio carattere. Come in tutti i contesti lavorativi si incontrano colleghi con cui non si instaura un buon rapporto; adoro prendermi cura degli studenti di infermieristica a cui tengo in modo particolare.
Come pensi che l'utenza recepisca oggi la nostra "professione"?
Attualmente l'utenza è ben informata su i ruoli che ognuno di noi svolge, ma bisogna rimanere sempre umili e professionali, dando il massimo.
Cosa consiglieresti ai giovani che decidono di intraprendere questa professione?
Consiglierei di non prendere questo lavoro come un ripiego, ma se si decide di farlo bisogna essere professionali, umile e con grande cuore
Nella tua realtà lavorativa riesci ad esprimere la tua "autonomia professionale"? Se No perché
Nella mia realtà lavorativa, il reparto di Urologia, riesco ad esprimere la mia autonomia, anche in precedenza lavorando in un reparto di medicina ed oncologia per molti anni sono riuscita ad instaurare un buon rapporto di fiducia e complicità con il personale medico che mi ha permesso di ottenere una buona autonomia.
L'infermiere come professionista ha la capacità di aggiornarsi e arricchirsi con la formazione e la ricerca. Nella tua realtà lavorativa è così?
Purtroppo con la carenza di personale facciamo grande fatica ad aggiornarci, cerco sempre di farli durante i giorni di riposo ed allo smonto notte. Non si finisce mai di imparare cose nuove.
L'infermiere ha una responsabilità diretta del proprio lavoro. Ne sei consapevole? Cosa ne pensi?
Noi infermieri abbiamo una grandissima responsabilità nei confronti dei nostri malati, facciamo del nostro meglio per far si che la loro permanenza in ospedale sia alleggerita dai nostri sorrisi, anche nei momenti più brutti.
Cosa cambieresti della nostra professione?
Ci sarebbero tante cose da cambiare, rispetto a quando io facevo l'allieva (venti anni fa) abbiamo fatto passi da gigante.
Le ultime terribili vicende, legate all'emergenza hanno visto come protagonisti molti nostri colleghi, che in alcuni casi hanno pagato con la vita l'impegno del proprio lavoro. Quali considerazioni ti senti di fare in merito?
Ultimamente la nostra Regione è stata colpita da diverse emergenze, prima il terremoto e poi, per completare, anche la neve che è costata anche la vita a dei nostri colleghi, che sempre con professionalità e spirito di sacrifico hanno dato il massimo
ed addirittura anche la loro vita.
Per la prima volta in Italia è stata concepita e conclusa una iniziativa volta al recepimento della Legge Stanca del 9 gennaio 2004, n. 4 (G.U. n. 13 del 17 gennaio 2004) recante «Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici». Il contenuto di questa pagina proviene dall'OPI Carbonia Iglesias, ringraziamo i colleghi.
Nei siti internet degli OPI Carbonia Iglesias, Bologna, Frosinone, Pavia, Pordenone, Pescara, Teramo, Ragusa, Foggia, Ancona, Rimini, Alessandria, Napoli, Sassari e Oristano, aderenti alla FNOPI Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche, stiamo ufficialmente e definitivamente per inserire, dedicate ai disabili sensoriali e loro care giver che avessero necessità e/o interesse di approfondire sulla professione infermieristica:
Nella vita professionale e nella rappresentanza istituzionale della FNOPI Opi provinciali ci sono momenti che suggellano un percorso, un impegno, un modo di vedere l’agire per nome e per conto di infermieri e assistiti.
Poter esporre questo progetto in dirittura d’arrivo complessivo e definitivo è uno di quei momenti perché non ci stiamo accingendo a pubblicizzare un video da parte di una infermiera sorda o da un infermiere interprete o un libro fine a se stesso o un audio realizzato da studenti infermieri, ma a condividere con i cittadini una lettura del mondo che circonda l’ambito nel quale gli infermieri dei nostri territori operano quotidianamente partendo dai bisogni dei più fragili, dei disabili, degli inabili, degli inascoltati, dei non percepiti.
Ci siamo impegnati e continueremo ad impegnarci per intercettare una necessità delle comunità dei ciechi e dei sordi: essere posti nelle medesime condizioni di chi vede e sente, nel nostro caso per mano degli infermieri ai quali si affidano nel contesto della responsabilità del governo dell’assistenza ospedaliera e territoriale, intimamente convinti che questo gesto di riguardo nei confronti dei nostri interlocutori abbia un valore aggiunto ed un peso specifico che l’infermieristica meritava di vedere inclusi e riconosciuti e annoverare tra le qualità che la contraddistinguono tra le professioni d’aiuto e sanitarie.
Quando si valuta una barriera da rimuovere per la fruizione di risposte assistenziali all’altezza delle aspettative e dei diritti dei cittadini, la professione infermieristica è e sarà sempre la prima a cercare soluzioni anche nelle difficoltà delle disabilità sensoriali e quindi nella sfera della comunicazione: questo era il nostro obiettivo e questo abbiamo portato a compimento testimoniando come si possano declinare a livello territoriale sollecitazioni a recepire leggi delle Stato, alla buona amministrazione e alla competente rappresentanza degli Ordini Professioni Infermieristiche provinciali che presiediamo unitamente al Consigli Direttivi.
In particolare: