28/01/2019 - Sciretti (Opi Torino): "E' stato l'Ordine delle professioni infermieristiche a premere per la costituzione dell'Osservatorio: una nostra lunga battaglia di cui tutti gli Ordini beneficeranno".
Come annunciato a novembre dall'assessore regionale Antonio Saitta, è stata ufficializzata nell'ultima Giunta del Piemonte la nascita dell'Osservatorio delle professioni sanitarie, sede di confronto tecnico-consultivo a supporto delle attività di indirizzo e di programmazione della Regione.
Si tratta di un nuovo organismo che dovrà riunire i rappresentanti di tutti gli ordini professionali del settore per dialogare in modo costruttivo sulle tematiche del mondo sanitario. L'Ordine delle professioni infermieristiche di Torino, forte dei suoi 15.200 iscritti, si pone dunque come uno dei principali interlocutori per discutere delle necessità formative dei professionisti che operano nelle strutture sanitarie pubbliche e private.
«A nome del coordinamento regionale degli Ordini degli infermieri di cui sono presidente e che rappresenta oltre 30mila professionisti - spiega Massimiliano Sciretti, presidente di Opi Torino e del coordinamento regionale - sono molto soddisfatto dell'istituzione dell'Osservatorio. Sarà uno strumento utile per rispondere al meglio ai cittadini e agli infermieri. È fondamentale l'interazione tra i professionisti e le istituzioni per migliorare l'appropriatezza delle risposte ai cittadini». Tra gli obiettivi dell'Osservatorio c'è anche la necessità di organizzare l'aggiornamento per il mantenimento dei requisiti professionali, di definire il fabbisogno di profili professionali ma soprattutto di valorizzare le competenze definendo standard operativi minimi e modelli assistenziali appropriati di riferimento.
Dell'Osservatorio faranno parte nove Ordini professionali: professionisti sanitari, ostetriche, tecnici sanitari di radiologia e delle professioni tecniche, di riabilitazione e prevenzione. E poi ci sarà l'Ordine dei medici e degli odontoiatri, dei veterinari, dei farmacisti, dei biologi, degli psicologi, dei chimici e dei fisici. Parteciperanno anche rappresentanti della Siups, la Scuola interuniversitaria per le professioni sanitarie, oltre a dirigenti e funzionari dell'assessorato regionale alla Sanità. «Ma è stato proprio l'Ordine delle professioni infermieristiche - conclude Sciretti - a premere in Regione per la costituzione dell'Osservatorio:u na nostra lunga battaglia di cui tutti gli Ordini beneficeranno».
24/01/2019 - Intervista all'infermiere ricercatore recentemente nominato Fellow delll'American Academy of Nursing: "Attualmente il gap più grande è costituito dal divario percepito tra teoria e pratica in alcune realtà sanitarie del nostro Paese".
Il ricercatore italiano Alessandro Stievano è entrato a far parte degli infermieri selezionati quest'anno per l'ingresso nell'American Academy of Nursing (AAN) in qualità di Fellow, una delle più alte onorificenze internazionali che possa ricevere un infermiere. È il terzo nella storia dell'infermieristica italiana, dopo gli accademici Loredana Sasso e Gennaro Rocco.
Risale al 4 novembre scorso la nomina a "Fellow". Arrivarci non è scontato: quanto lavoro e quale percorso per ottenerla?
Sono stato molto gratificato da questa onorificienza. Appartenere ad una prestigiosa istituzione come l'American Academy of Nursing è di indubbio prestigio anche per la possibilità di sviluppare un network di collegamenti internazionali che potranno avere delle benefiche ricadute per il nursing italiano e globale. Senza dubbio il lavoro svolto in questi anni con Il Centro di Eccellenza per la Cultura e la Ricerca Infermieristica dell'Ordine delle Professioni Infermieristiche di Roma (CECRI - Opi Roma) è stato fondamentale. Il Centro è infatti sorto ufficialmente 10 anni orsono ed è un progetto unico in Italia, fra i primi in Europa, in linea con le positive esperienze maturate in questo senso negli USA che ha contribuito negli ultimi due lustri allo sviluppo delle competenze ed al miglioramento delle performance sia dei singoli professionisti che delle équipe professionali impegnate nell'assistenza alle persone tramite il finanziamento di decini di progetti di ricerca infermieristici e mutiprofessionali e con la promozione di corsi di formazione e dell'Evidence Based Practice. Proprio in tal senso, nel luglio 2018, è arrivato un importante riconoscimento internazionale per il CECRI, il Centro è, infatti, entrato a far parte, unico in Italia, tra i gruppi di ricerca affiliati al prestigioso Joanna Briggs Institute (JBI), storica organizzazione internazionale di ricerca e implementazione di linee guida e buone pratiche, che collabora con quasi cento centri di ricerca nel mondo per sviluppare le evidenze cliniche infermieristiche. Anche tale inclusione ha contribuito al mio riconoscimento per l'attività svolta. Sono meno di un centinaio gli infermieri leader selezionati in tutto il mondo dall'American Academy of Nursing ogni anno.
Nel nostro Paese sono soltanto tre quelli che possono fregiarsi di questo. L'impressione è che gli infermieri italiani, nonostante siano ricercati in diversi Paesi europei, facciano più fatica dei colleghi di altri Paesi a raggiungere certi livelli e riconoscimenti: è così? E se sì, quali sono le ragioni?
Sì, è cosi, ma bisogna fare alcune considerazioni. Prima di tutto bisogna affermare che l'American Academy of Nursing è un'istituzione a base statunitense e quindi la maggior parte dei Fellow provengono da quel Paese. In secondo luogo, per entrare nell'accademia non basta aver pubblicato decine di articoli o aver effettuato molte ricerche, è importante l'impatto che il lavoro di quella singola persona ha sulla comunità nazionale ed internazionale nello sviluppo del nursing. Come terza considerazione bisogna anche sostenere che l'accademia solamente negli ultimi anni si è aperta al contesto globale in maniera importante. Tutte queste variabili fanno sì che l'inclusione nella prestigiosa istituzione d'oltreoceano sia piu facile per gli infermieri statunitensi che per gli infermieri provenienti dall'Europa o da altre Regioni del mondo. Indi, direi che non è un discorso legato agli infermieri italiani ma agli infermieri di tutto il mondo che hanno più difficolta ad accedere ad un'istituzione ancora fortemente ancorata negli Stati Uniti.
La ricerca è il Suo filo conduttore: dal Centro di Eccellenza per la Cultura e la Ricerca Infermieristica (CECRI) alla cui nascita ha contribuito, all'International Council of Nurses (ICN) dove è direttore associato dei programmi legati alla regolamentazione e all'educazione.
Quali sono gli obiettivi che intende perseguire anche in questa veste?
Mentre l'educazione e la ricerca educativa nel nursing è sviluppata in molti Paesi avanzati, lo stesso non si può sostenere per la regolamentazione. La ricerca sulla regolamentazione è scarsa per tutte le professioni sanitarie e non sanitarie. Concentrandosi sul campo più prettamente infermieristico tale filone investigativo è fortemente carente anche a livello internazionale. Poche istituzioni ordinistiche dei Paesi avanzati effettuano delle ricerche sui modelli di regolamentazione o su aspetti specifici legati alla regolamentazione su base stabile. Spesso sono ricerche on spot e basate su singole esigenze derivanti dal contesto socio-sanitario che si viene a creare in quel particolare momento. Manca quindi a livello dei grandi ordini infermieristici internazionali una programmazione stabile e dei centri di eccellenza che sviluppino la ricerca nel settore. Unica e positiva eccezione in tal senso deve essere considerato il National Council State Board of Nursing (NCSBN), che ha attivato da alcuni una linea di ricerca stabile sulla regolamentazione e ultimamente ha pubblicato l'atlante mondiale della regolamentazione infermieristica. Di riguardo è anche da menzionare la rivista Journal of Nursing Regulation dello stesso ordine statunitense che ormai da un decennio pubblica novità di interesse, per l'universo infermieristico, dedicate a tale aspetto disciplinare.
Quanto distante è la professione infermieristica italiana sotto il profilo accademico, clinico e sociale rispetto a quella degli altri Paesi?
Bisogna distinguere vari piani di sviluppo sociale delle professioni sanitarie anche in relazione ai contesti socio-sanitari di riferimento. In tal senso, l'Italia come molti Paesi avanzati del mediterraneo ha una forte tradizione medico centrica. Fin dall'antichità la medicina si è sviluppata nell'ambito delle isole greche e poi nell'antica Roma. Tutto ciò si riflette oggi nello sviluppo e nel posizionamento sociale di queste professioni. Oggi il cambiamento è accelerato nei contesti fortemente globali (Cina, USA, India, etc...) ma i contesti socio-culturali della Penisola e di altri Paesi dell'area, spesso molto tradizionalisti, permettono un cambiamento a ritmo moderato rispetto ad altre regioni del mondo. Comunque, malgrado alcune variabili socio-culturali che permettono una progressione lenta verso una maggiore centralità del cittadino, il nursing ha raggiunto in Italia punte di eccellenza sia dal punto di vista educativo che manageriale. Il gap più grande è costituito dal divario percepito tra teoria e pratica in alcune realtà sanitarie di tutto il Paese. È proprio la pratica clinica basata su una nuova centralità del cittadino e delle evidenze scientifiche sostenute dagli infermieri, anche con competenze avanzate, che costituirà il volano di sviluppo dell'infermieristica in Italia nei prossimi decenni.
Se dovesse dire una che cosa invidiano gli infermieri degli altri Paesi agli infermieri italiani e una cosa che invece manca agli infermieri italiani?
È difficile fare generalizzazioni e facendo cosi si incorre spesso nello stereotipo e nell'errore. Non ci sono ricette legate all'etnia o alla nazionalità ma alle singole persone rispetto al loro grado di sviluppo professionale e culturale. Tali indicatori non si applicano al singolo infermiere rispetto alla sua identità nazionale ma rispetto al singolo professionista con il suo bagaglio di competenze ed esperienze in un contesto fluido, ibrido, meticcio, direi, sempre più interconnesso e legato alle grandi reti digitali.
L’infermiere non è più un mero esecutore di mansioni. L’infermiere è un professionista laureato, ha campi propri di attività, di autonomia e di responsabilità e si occupa dell’utente in maniera globale. Ma come si diventa infermieri? Cosa fa davvero un infermiere? Dove lavora e quanto guadagna?
Chi è l’infermiere
L’infermiere è il professionista sanitario che, con il suo campo proprio di attività, assiste, cura e si prende cura dell’assistito in maniera globale, instaurando con esso una relazione di fiducia.
L’infermiere è un professionista laureato che, iscritto all’ordine professionale, svolge funzioni di prevenzione, assistenza, educazione alla salute, educazione terapeutica, gestione, formazione e ricerca...
Per la prima volta in Italia è stata concepita e conclusa una iniziativa volta al recepimento della Legge Stanca del 9 gennaio 2004, n. 4 (G.U. n. 13 del 17 gennaio 2004) recante «Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici». Il contenuto di questa pagina proviene dall'OPI Carbonia Iglesias, ringraziamo i colleghi.
Nei siti internet degli OPI Carbonia Iglesias, Bologna, Frosinone, Pavia, Pordenone, Pescara, Teramo, Ragusa, Foggia, Ancona, Rimini, Alessandria, Napoli, Sassari e Oristano, aderenti alla FNOPI Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche, stiamo ufficialmente e definitivamente per inserire, dedicate ai disabili sensoriali e loro care giver che avessero necessità e/o interesse di approfondire sulla professione infermieristica:
Nella vita professionale e nella rappresentanza istituzionale della FNOPI Opi provinciali ci sono momenti che suggellano un percorso, un impegno, un modo di vedere l’agire per nome e per conto di infermieri e assistiti.
Poter esporre questo progetto in dirittura d’arrivo complessivo e definitivo è uno di quei momenti perché non ci stiamo accingendo a pubblicizzare un video da parte di una infermiera sorda o da un infermiere interprete o un libro fine a se stesso o un audio realizzato da studenti infermieri, ma a condividere con i cittadini una lettura del mondo che circonda l’ambito nel quale gli infermieri dei nostri territori operano quotidianamente partendo dai bisogni dei più fragili, dei disabili, degli inabili, degli inascoltati, dei non percepiti.
Ci siamo impegnati e continueremo ad impegnarci per intercettare una necessità delle comunità dei ciechi e dei sordi: essere posti nelle medesime condizioni di chi vede e sente, nel nostro caso per mano degli infermieri ai quali si affidano nel contesto della responsabilità del governo dell’assistenza ospedaliera e territoriale, intimamente convinti che questo gesto di riguardo nei confronti dei nostri interlocutori abbia un valore aggiunto ed un peso specifico che l’infermieristica meritava di vedere inclusi e riconosciuti e annoverare tra le qualità che la contraddistinguono tra le professioni d’aiuto e sanitarie.
Quando si valuta una barriera da rimuovere per la fruizione di risposte assistenziali all’altezza delle aspettative e dei diritti dei cittadini, la professione infermieristica è e sarà sempre la prima a cercare soluzioni anche nelle difficoltà delle disabilità sensoriali e quindi nella sfera della comunicazione: questo era il nostro obiettivo e questo abbiamo portato a compimento testimoniando come si possano declinare a livello territoriale sollecitazioni a recepire leggi delle Stato, alla buona amministrazione e alla competente rappresentanza degli Ordini Professioni Infermieristiche provinciali che presiediamo unitamente al Consigli Direttivi.
In particolare: