L'IMESI - Istituto Mediterraneo Studi Internazionali - risponde ai no vax e fa chiarezza sui tempi di approvazione del vaccino Covid
Una delle opposizioni che fanno valere spesso i più scettici quando si parla di vaccino Covid è quella relativa alla procedura di approvazione. Perché, rispetto ad altre cure, questo specifico vaccino è stato approvato in meno tempo? Ebbene, ai no vax e a tutti quelli che hanno messo in dubbio la validità del trattamento, ha pensato bene di rispondere l’IMESI, ovvero l’Istituto Mediterraneo Studi Internazionali, provando a fare chiarezza una volta per tutte e cercando di fugare ogni dubbio.
Vaccino Covid: Università, ospedali e aziende hanno subito aderito
Come specificato dall’EMA (Agenzia Europea per i Medicinali), i tempi di approvazione del vaccino Covid, come quello Pfizer e Moderna, sono stati minori rispetto ad altri perché la situazione stessa ha permesso di dare priorità a questo tipo di ricerca. Basta pensare che, in media, servono dai 2 ai 3 anni per trovare fondi sufficienti a portare avanti uno studio del genere. Per il vaccino Covid, invece, sono state subito coinvolte più aziende per trovare i finanziamenti necessari.
Con la stessa prontezza hanno aderito anche Università e ospedali, facendo risparmiare circa 12 mesi (tempo normalmente impiegato per trovare le strutture adatte alla sperimentazione).
Vaccino Covid, tempo recuperato grazie alla sperimentazione contemporanea
Vista l’emergenza sanitaria, quando l’epidemia da Covid è stata dichiarata pandemia è stata chiara a tutti la portata del problema. Per questo motivo la fase sperimentale, che solitamente può durare dai 3 ai 6 mesi, in questo caso è stata accelerata. I ricercatori, infatti, hanno condotto contemporaneamente gli studi di fase 2 e fase 3, recuperando sei mesi di tempo.
A questo, inoltre, si aggiungono le minori difficoltà nel trovare volontari pronti a sottoporsi alla sperimentazione, testando le prime dosi del vaccino. Solitamente, per ricerche meno conosciute, i ricercatori impiegano più tempo, mentre in questo modo è stato possibile recuperare circa un anno.
Infine, terminata la fase 3, considerando lo stato attuale delle cose, EMA e FDA (Food and Drug Administration), sono passati subito alla valutazione del vaccino, testandone validità ed effetti. In tempi di attesa per la presa in esame solitamente sono di 3 – 4 anni.
Come gli studi su SARS e MERS hanno aiutato la ricerca
Per il Covid non sono necessari studi su colture cellulari, tecnologia che consiste nel far crescere e proliferare cellule, eucariotiche o procariotiche, in ambienti artificialmente controllati, fattore questo che ha permesso ai produttori del vaccino di risparmiare ben un anno.
Un altro aspetto da non sottovalutare, infine, riguarda gli studi già precedentemente svolti su SARS e MERS. In media infatti servono dai 2 ai 3 anni per trovare un metodo adatto per creare un vaccino, ma grazie alla ricerca gli esperti si sono trovati di fronte a metodi già pronti, il che ha permesso loro di recuperare a circa 5 anni, dedicandosi subito al metodo più efficiente.
Sono stati pubblicati su New England Journal of Medicine anche i dati di efficacia e sicurezza del vaccino osservati nella fase tre di Moderna.
Questo studio di fase 3 randomizzato, in cieco per l'osservatore e controllato con placebo è stato condotto in 99 centri negli Stati Uniti. Le persone ad alto rischio di infezione da SARS-CoV-2 o le sue complicanze sono state assegnate in modo casuale in un rapporto 1: 1 a ricevere due iniezioni intramuscolari di mRNA-1273 (100 μg) o placebo a 28 giorni di distanza. L'endpoint primario era la prevenzione della malattia da Covid-19 con insorgenza almeno 14 giorni dopo la seconda iniezione nei partecipanti che non erano stati precedentemente infettati da SARS-CoV-2.
I dati aggiornati sulla vaccinazione anticovid, dati provenienti direttamente dal sito del Ministero della Salute.
Per la prima volta in Italia è stata concepita e conclusa una iniziativa volta al recepimento della Legge Stanca del 9 gennaio 2004, n. 4 (G.U. n. 13 del 17 gennaio 2004) recante «Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici». Il contenuto di questa pagina proviene dall'OPI Carbonia Iglesias, ringraziamo i colleghi.
Nei siti internet degli OPI Carbonia Iglesias, Bologna, Frosinone, Pavia, Pordenone, Pescara, Teramo, Ragusa, Foggia, Ancona, Rimini, Alessandria, Napoli, Sassari e Oristano, aderenti alla FNOPI Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche, stiamo ufficialmente e definitivamente per inserire, dedicate ai disabili sensoriali e loro care giver che avessero necessità e/o interesse di approfondire sulla professione infermieristica:
Nella vita professionale e nella rappresentanza istituzionale della FNOPI Opi provinciali ci sono momenti che suggellano un percorso, un impegno, un modo di vedere l’agire per nome e per conto di infermieri e assistiti.
Poter esporre questo progetto in dirittura d’arrivo complessivo e definitivo è uno di quei momenti perché non ci stiamo accingendo a pubblicizzare un video da parte di una infermiera sorda o da un infermiere interprete o un libro fine a se stesso o un audio realizzato da studenti infermieri, ma a condividere con i cittadini una lettura del mondo che circonda l’ambito nel quale gli infermieri dei nostri territori operano quotidianamente partendo dai bisogni dei più fragili, dei disabili, degli inabili, degli inascoltati, dei non percepiti.
Ci siamo impegnati e continueremo ad impegnarci per intercettare una necessità delle comunità dei ciechi e dei sordi: essere posti nelle medesime condizioni di chi vede e sente, nel nostro caso per mano degli infermieri ai quali si affidano nel contesto della responsabilità del governo dell’assistenza ospedaliera e territoriale, intimamente convinti che questo gesto di riguardo nei confronti dei nostri interlocutori abbia un valore aggiunto ed un peso specifico che l’infermieristica meritava di vedere inclusi e riconosciuti e annoverare tra le qualità che la contraddistinguono tra le professioni d’aiuto e sanitarie.
Quando si valuta una barriera da rimuovere per la fruizione di risposte assistenziali all’altezza delle aspettative e dei diritti dei cittadini, la professione infermieristica è e sarà sempre la prima a cercare soluzioni anche nelle difficoltà delle disabilità sensoriali e quindi nella sfera della comunicazione: questo era il nostro obiettivo e questo abbiamo portato a compimento testimoniando come si possano declinare a livello territoriale sollecitazioni a recepire leggi delle Stato, alla buona amministrazione e alla competente rappresentanza degli Ordini Professioni Infermieristiche provinciali che presiediamo unitamente al Consigli Direttivi.
In particolare: