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INTRODUZIONE
La mission dell’’organizzazione nel contesto clinico può essere definita come un impegno a garantire l’analisi e la soddisfazione dei bisogni assistenziali attraverso l’integrazione multiprofessionale, la presa in carico e la continuità assistenziale a favore dell’assistito. L’organizzazione infermieristica implica programmazione, pianificazione, gestione e valutazione dell’assistenza basata su criteri di efficacia, efficienza, appropriatezza e pertinenza (Vainieri et al., 2020). Assicura inoltre l’operatività dei professionisti coinvolti mediante un’appropriata condivisione delle conoscenze a favore di un processo di crescita continua, ricercando la migliore qualità per assistiti, famiglie e comunità (Vainieri et al., 2020). Il modello organizzativo è la modalità attraverso la quale l’assistenza può essere erogata ed organizzata (Mariner-Tomey, 1995). Fondamentalmente, i modelli differiscono tra loro in base ad elementi di autonomia decisionale, tipologia della prestazione e gestione della struttura presa in esame. In base alla prevalenza di alcune caratteristiche organizzative, rispetto ad altre, in letteratura si possono declinare due principali filoni di modellizzazione organizzativa infermieristica: i modelli di erogazione dell’assistenza centrati sull’assistito, o Care delivery Models, e quelli centrati sul professionista, o Professional Practice Models. Attualmente, in particolar modo in Italia, vi è un utilizzo esteso di Care Delivery Models, tra i quali figurano modelli per compiti o in alternativa primary, team e modular nursing. Nella maggioranza delle realtà organizzative italiane, permane un forte ancoraggio al modello funzionale o per compiti, originariamente pensato e sviluppato per le esigenze cliniche ed assistenziali degli anni ‘30 del secolo scorso. Il modello prevede una suddivisione di compiti, ciascuno dei quali è assegnato ad un infermiere di riferimento, in base alle capacità possedute; la presa in carico avviene da parte del medico che organizza la pianificazione delle cure e delle prestazioni da erogare. Il responsabile infermieristico ha il ruolo di verificare che vengano portati a termine gli interventi assistenziali. La frammentazione degli interventi assistenziali riduce i costi sanitari del personale ma ne aumenta quelli di gestione degli esiti negativi. Infatti, la qualità di cura e la soddisfazione professionale si riducono drasticamente, generando un aumento delle cure mancate, una deumanizzazione verso il paziente e una “de-responsabilizzazione” infermieristica (Tiedeman et al., 2004). Nel modello di team nursing è prevista la presa in carico da parte di un gruppo di infermieri di un determinato numero di assistiti (Fernandez et al.,2012). I membri del team condividono la responsabilità della progettazione del piano di cura del paziente e insieme pianificano l’assistenza infermieristica per il turno, sotto la guida dell’infermiere referente. Tuttavia, i limiti sono riconducibili ad una possibile riproposizione facsimile del modello funzionale, laddove non si adotti un’adeguata pianificazione assistenziale condivisa; aggravata da possibili discontinuità comunicativa e di cura, cambiamenti di staff e costi materiali moltiplicati per ogni equipe (Vainieri et al., 2020). Diversamente, il più recente Primary Nursing (PN) trova origini statunitensi nel 1968 presso la University of Minnesota e prevede l’assegnazione di uno o più pazienti ad un infermiere di riferimento, il quale sarà responsabile unico dell’assistenza infermieristica degli assistiti, dall’accettazione alla dimissione. L’assegnazione dell’assistenza da parte del coordinatore infermieristico avviene secondo il metodo dei casi, in cui l’infermiere referente diventa punto di riferimento per assistiti e colleghi associati, quale garante del percorso di cura (Magon e Suardi, 2013). Il modello, tuttavia, presenta una limitata sostenibilità nel tempo, derivante da importanti oneri economici e da un’elevata specificità verso le lungodegenze (Calamandrei, 2015). Successivamente, negli anni ‘90, dalla fusione dei modelli Team Nursing e Primary Nursing nasce il Modular Nursing, il quale prevede che ogni infermiere, affiancato da personale di supporto, fornisca assistenza ad un gruppo di degenti (Vainieri et al., 2020). I pazienti sono suddivisi in moduli o cellule, sulla base del loro bisogno assistenziale e secondo caratteristiche cliniche o strutturali, quali, ad esempio, durata della degenza o percorso di cura (PDTA); indipendentemente dalla tipologia di trattamento clinico-chirurgico (Calamandrei, 2015). Con questo modello si riduce il numero di infermieri che ruotano attorno ad uno stesso assistito e la conseguente frammentazione informativa e di cura. In particolare, si riscontrano maggiore autonomia infermieristica ed integrazione interprofessionale, con un alto grado di efficienza (Vainieri et al., 2020). Tuttavia, i limiti sono riconducibili alla necessità di un possibile cambiamento strutturale degli ospedali, delle consuetudini lavorative e di un aumento significativo delle competenze tra gli operatori coinvolti (Calamandrei, 2015). In letteratura emergono innovativi modelli assistenziali adottati da ospedali magnete o da realtà organizzative certificate nell’eccellenza del governo clinico. La ricerca e l’adozione di modelli organizzativi adeguati ai cambiamenti strutturali, sociali ed epidemiologici in epoca di transizione digitale, non può prescindere dall’utilizzo delle migliori evidenze scientifiche, valorizzando autonomia e competenze avanzate degli infermieri.
ADVANCE PRACTICE NURSING
Il termine Infermieristica “avanzata” descrive un livello avanzato di assistenza sanitaria che sfrutta le competenze e la preparazione accademica dell’infermiere con l’obiettivo di riuscire a soddisfare i bisogni di salute del singolo cittadino, ma anche delle famiglie e della comunità (Pulcini et al, 2010). Il ruolo dell’Advance Practice Nurse (APN) è stato preso in considerazione per offrire un’assistenza di qualità, sicura e sostenibile. Guidelines on advances Practice Nursing, nel 2020, definisce l’APN come “un infermiere generalista o specializzato che ha acquisito attraverso formazione universitaria avanzata, una base di conoscenze ad un livello esperto, con capacità di prendere decisioni complesse e competenze cliniche per esercitare una pratica avanzata” (Schober et al, 2020). Naturalmente le caratteristiche di questa figura dipendono dal contesto sociosanitario di ogni paese in cui esso esercita la professione. Per ottemperare a tali esigenze assistenziali all’infermiere specialist (APN) è richiesta una formazione supplementare. In Italia, tale formazione è insita nei curricola dalla Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche e dei master specialistici di I e II livello. Gli APN rappresentano elementi vitali dei sistemi sanitari poiché preparati per valutare, diagnosticare e gestire problematiche di salute in molteplici contesti assistenziali, tra i quali:
Terapia intensiva.
Infermieristica di Famiglia e comunità.
Salute mentale.
Geriatria.
Pediatria.
Boehning e Punsalan, nella loro pubblicazione “Advanced Practice Registered Nurse Roles” (2023), individuano ulteriori specializzazioni dell’APN:
Infermiere professionista certificato (CNP o Nurse Practioner).
È il professionista dotato di grandi capacità decisionali responsabile della promozione della salute, della prevenzione e dell’educazione sanitaria, nonché della consulenza nella gestione delle malattie croniche. Svolge un ruolo cruciale nell’ambito dell’assistenza preventiva (Primary Healtcare – PHC) (Schober et al., 2020).
Infermiere Specialistico Clinico (CNS).
Rappresenta il professionista del “continuum” di cura che è responsabile dei trattamenti e della gestione di tutte le fasi della malattia successive alla diagnosi, nei vari ambiti di applicazione, con maggiore applicazione nel settore comunitario.
Infermiere Anestesista Certificato (CRNA).
È il professionista che fornisce cure avanzate nell’ambito anestesiologico o ad esso correlato. In queste specifiche condizioni assistenziali lo stato di salute degli assistiti varia repentinamente per via dell’immediatezza e prontezza operativa a cui l’utente è sottoposto. L’ambito di applicazione principale sono dunque le camere operatorie ospedaliere.
Infermiere – Ostetrico certificato (CNM).
È il professionista sanitario che fornisce un ampio spettro di attività assistenziali, soprattutto a scopo preventivo, alle donne in tutte le fasi della vita, incluse le cure ginecologiche (assistenza pre-concezionale, assistenza prenatale e post-partum, parto e assistenza al neonato sia a livello domiciliare che ospedaliero (degenze ostetrico-ginecologiche), consultoriale e delle strutture private e/o convenzionate. Si occupa inoltre dell’assistenza e dell’educazione della coppia per quanto concerne le malattie sessualmente trasmissibili.
Negli ultimi decenni, sono emerse numerose ricerche che dimostrano come l’assistenza fornita da infermieri di pratica avanzata è associata a migliori esiti di salute per i pazienti (Newhouse et al., 2011; Swan et al., 2015; Aiken et al., 2021). Ad esempio, In Inghilterra, Paese con una consolidata tradizione di pratica infermieristica avanzata, è stato condotto uno studio retrospettivo di coorte su 108.115 pazienti affetti da cancro al polmone (Stewart et al., 2021), il quale evidenzia come le valutazioni specialistiche, effettuate da infermieri con competenze avanzate, siano associate a riduzione di mortalità e ricoveri non programmati, rispettivamente del 17% e 5% (Stewart et al., 2021). Il modello dell’APN è stato descritto come un livello di cura, piuttosto che un’espressione di abilità tecnica, e più recentemente ha incorporato il concetto dei “quattro pilastri” della pratica avanzata: leadership, ricerca, pratica clinica e formazione. Il governo del Regno Unito ha raccomandato la regolamentazione della pratica avanzata fornendo indicazioni al Nursing and Midwifery Council (NMC) nel formalizzare i ruoli APNs. Il concetto di APN sta emergendo in tutta l’Asia: Giappone, Hong Kong, Corea del Sud, Repubblica Cinese, Taiwan e Singapore. Gli APN per la salute mentale e la terapia intensiva hanno aperto la strada nelle prime fasi di sviluppo della pratica infermieristica avanzata. Il Giappone, ad esempio, ha sviluppato la figura dell’infermiere specialista clinico, applicandola già dal 2008 alle cure gerontologiche (Schober, 2016). In Cina, la necessità di sviluppare l’assistenza infermieristica specialistica è stata menzionata per la prima volta nel Piano di sviluppo della carriera infermieristica (2005–2010) pubblicato dal Ministero della Salute della Repubblica popolare cinese il 20 luglio 2005 (Wong, 2018). Come riportato nello stesso documento, è stato declinato il contributo degli APNs in tre domini: gli aspetti relativi al paziente, al servizio e alla professione (Wong, 2018). Dal punto di vista del paziente, gli APNs sono leader clinici in grado di gestire casi complessi e contribuire a migliorare i risultati relativi alla gestione dei sintomi, alla prevenzione delle complicanze e al miglioramento della salute. A livello di servizio, gli APNs possono favorire l’accesso alle cure, ridurre i tempi di attesa e fornire pratiche assistenziali basate sull’evidenza per migliorare lo stato di salute e le fasi di recupero dei pazienti. All’interno della professione, gli APNs fungono da mentori creando gruppi di professionisti specializzati capaci di fornire servizi migliori ai pazienti, attraverso conoscenze specialistiche che sono all’avanguardia. Per tale ragione, il Ministero della Salute Cinese ha pubblicato un progetto di formazione costituito da master clinici con indirizzi assistenziali specializzati in: terapia intensiva, sala operatoria, area dell’emergenza, infermieristica nei trapianti di organo e assistenza infermieristica oncologica, i cui obiettivi formativi sono focalizzati principalmente sulla capacità di acquisire padronanza, conoscenze e competenze tecniche e interpersonali nel settore di riferimento (Wong et al, 2017). Le organizzazioni internazionali sostengono da tempo i vantaggi dell’APN, come si evince dai rapporti dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e dell’ICN (International Council of Nurses). Per i membri della Federazione Europea delle Associazioni Infermieristiche (EFN), il progresso della pratica infermieristica per il miglioramento della prestazione sanitaria, inteso sia in termini di formazione infermieristica che di ambito della pratica, è stata una priorità costante, culminata nella pubblicazione dell’EFN (De Raeve et al, 2023). Da questa indagine, condotta in 35 paesi europei, è emersa un’ampia variabilità sia nella definizione che nel livello formativo richiesto per l’esercizio come APN (De Raeve et al, 2023). Nel contesto italiano vengono riconosciute le competenze avanzate con l’approvazione del CCNL 2016-2018 relativo alla sanità pubblica, che introduce i ruoli di professionista “esperto” e “specialista”; con queste figure vengono ampliate le conoscenze di base con percorsi formativi di alta specializzazione e/o master universitari che promuovono una carriera orizzontale affiancata a quella verticale, propria della Laurea Magistrale disciplinare. Tuttavia, il modello APN risulta ancora lontano da una sistematica ed uniforme applicazione (Tabella 1). Nella tabella sono riportati i Paesi in cui la figura del professionista APN non è ancora formalmente integrata nei rispettivi sistemi sanitari nazionali.
“La tutela della salute mentale rappresenta da sempre per la FNOPI un caposaldo della propria attività istituzionale di valorizzazione delle specifiche esigenze del cittadino ma anche degli infermieri, che sono ormai centrali in ogni percorso clinico e assistenziale di presa in carico dei pazienti, in special modo di quelli che presentano particolari condizioni di cronicità e fragilità”.
Partendo da questo presupposti, Carmelo Gagliano, Consigliere nazionale della Federazione e presidente dell’Ordine degli infermieri di Genova, ha illustrato alla Commissione 10a (Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale) del Senato il punto di vista FNOPI sui disegni di legge sulle “Disposizioni in materia di tutela della salute mentale” (AS. 734-938-1171-1179), in occasione dell’audizione della Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche su questo argomento.
“Si rende necessario – ha detto Gagliano – elaborare e consolidare politiche specifiche che promuovano, fin dai primi anni di vita e per tutta l’età evolutiva, lo sviluppo e il benessere fisico e mentale di tutti i bambini e gli adolescenti e che intervengano efficacemente e in modo mirato, in particolare in contesti e situazioni di vulnerabilità. In questo, la FNOPI si mette a servizio, con il proprio know-how, a servizio delle istituzioni”.
L’Infermiere in Salute Mentale e Psichiatria è oggi, ha spiegato Gagliano, il professionista sanitario che, nell’ambito delle proprie competenze specifiche opera nelle strutture ed i servizi che hanno come mission il farsi carico della domanda legata alla cura, all’assistenza e alla tutela della Salute Mentale per tutte le fasce di età.
Il panorama attuale caratterizzato da quadri psicopatologici sempre più frequentemente in co-morbilità ad altre diagnosi e problematiche (es. dipendenze, psicopatologia in adolescenza e disabilità psichica, situazioni di stress), calati in una realtà con rapide evoluzioni dei contesti sociali e relazionali, obbliga a “manutenere” le conoscenze allo scopo di garantire una ridefinizione continua dell’agire professionale riconducendo le prassi specialistiche a fonti validate quali linee guida, linee di indirizzo, procedure, protocolli, PDTA, buone pratiche sempre più condivise tra i vari saperi. La condivisione della filosofia di cura, che si può esplicare con i diversi modelli concettuali, sostiene una presa in carico da parte dell’Infermiere e degli altri membri dell’équipe.
Il rapporto annuale Salute mentale realizzato dal Ministero della Salute indica come la figura dell’Infermiere sia il professionista maggiormente presente all’interno dei Dipartimenti di salute mentale: a fronte di un totale di 41.734 professionisti sanitari gli Infermieri rappresentano il 37% del totale pari a n. 15.488 unità.
In Italia, il rapporto del SISM – Sistema Informativo per la Salute Mentale del 2023 a cura del Ministero della Salute riportava un numero di primi contatti durante l’anno pari a 285.101 persone, di cui il 94.4% ha avuto un contatto coi servizi di Salute Mentale per la prima volta. Complessivamente, gli utenti psichiatrici assistiti dai servizi specialistici nel corso del 2022 ammontano a circa 776.829 unità con tassi standardizzati che vanno da 84.8 per 10.000 abitanti adulti. Gli utenti sono di sesso femminile nel 54% dei casi, mentre la composizione per età riflette l’invecchiamento della popolazione generale, con un’ampia percentuale delle persone assistite al di sopra dei 45 anni (67,2%). In entrambi i sessi risultano meno numerosi le persone assistite al di sotto dei 25 anni mentre, la più alta concentrazione, si ha nelle classi 45-54 anni e 55- 64 anni (46% in entrambi i sessi); le femmine presentano, rispetto ai maschi, una percentuale più elevata nella classe > 75 anni (6.1% ,nei maschi e 9.5% , nelle femmine).
“L’Infermiere di Salute Mentale e Psichiatria responsabile della gestione dei processi infermieristici – ha detto ancora Gagliano alla Commissione – è figura fondamentale in quanto:
Accoglie la domanda della persona, della famiglia, decodifica il bisogno di cura e assistenza, identifica le priorità assistenziali e pianifica, in seno all’équipe nel contesto del lavoro interventi volti alla riacquisizione dell’autonomia e autodeterminazione.
Garantisce la continuità delle cure, l’integrazione multi-professionale e la tutela dei diritti della persona.
Fornisce consulenza specialistica ad altri operatori sanitari nelle Unità Operative ospedaliere /o in strutture sanitarie e socio-sanitarie territoriali.
Assiste la persona nelle fasi di acuzie, post-acuzie e nel percorso di ripresa.
Promuove, nel suo operare, la cultura di contrasto allo stigma e adotta un approccio improntato alla recovery”.
Per questo, ha sottolineato , ha bisogno di un percorso formativo che favorisca l’acquisizione delle competenze specialistiche e deve sviluppare, nel suo percorso formativo, capacità relazionali interpersonali orientate al lavoro di gruppo in équipe multidisciplinare e multiprofessionale e al lavoro di rete, finalizzate alla capacità di ascolto attivo e di aiuto nei confronti dell’assistito, della famiglia e dei caregivers, ma anche all’integrazione con altri servizi e professionisti, sanitari e non, scegliendo e adattando di volta in volta la modalità e gli strumenti di comunicazione interpersonale più efficaci.
“Gli aspetti che compongono il percorso del reinserimento delle persone assistite in un contesto di appartenenza a sé stessi e di un’appartenenza sociale sono molteplici – ha spiegato Gagliano – e riteniamo di sintetizzarlo in una sola parola: “empowerment” che comprende empowerment di comunità ed empowerment individuale:
L’empowerment di comunità si riferisce agli individui che agiscono a livello collettivo per riuscire a influenzare e controllare i determinanti della salute e la qualità della propria vita (World Health Organization, 1998).
L’empowerment individuale nasce e si sviluppa come metodologia di intervento per le persone assistite (e i loro familiari) rivolta al recupero e al potenziamento dell’autonomia e della responsabilizzazione attraverso le capacità del singolo individuo di prendere decisioni o per assumere il controllo della propria vita”.
In questo processo, ha detto il consigliere FNOPI, si inserisce l’Infermiere utilizzando la matrice relazionale nel percorso di cura di “presa in carico” della persona assistita e, se esistente, del più ampio contesto familiare e nella negoziazione dei trattamenti, per migliorarne l’efficacia e la qualità.
Per quanto riguarda i disegni di legge, Gagliano ha sottolineato che la FNOPI accoglie con favore i progetti normativi all’esame della Commissione “che, in linea generale, conferiscono ulteriore efficacia ai princìpi della «legge Basaglia», rafforzandone i contenuti di assistenza, confermandone i principi ispiratori. Questa attività di modernizzazione degli approcci nei confronti della salute mentale, e di riflesso dei modelli di presa in carico dei pazienti, non può e non deve prescindere da una presa di coscienza rispetto ai cambiamenti in atto nel contesto sociale e delle nuove esigenze dei pazienti”.
Per la prima volta in Italia è stata concepita e conclusa una iniziativa volta al recepimento della Legge Stanca del 9 gennaio 2004, n. 4 (G.U. n. 13 del 17 gennaio 2004) recante «Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici». Il contenuto di questa pagina proviene dall'OPI Carbonia Iglesias, ringraziamo i colleghi.
Nei siti internet degli OPI Carbonia Iglesias, Bologna, Frosinone, Pavia, Pordenone, Pescara, Teramo, Ragusa, Foggia, Ancona, Rimini, Alessandria, Napoli, Sassari e Oristano, aderenti alla FNOPI Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche, stiamo ufficialmente e definitivamente per inserire, dedicate ai disabili sensoriali e loro care giver che avessero necessità e/o interesse di approfondire sulla professione infermieristica:
Nella vita professionale e nella rappresentanza istituzionale della FNOPI Opi provinciali ci sono momenti che suggellano un percorso, un impegno, un modo di vedere l’agire per nome e per conto di infermieri e assistiti.
Poter esporre questo progetto in dirittura d’arrivo complessivo e definitivo è uno di quei momenti perché non ci stiamo accingendo a pubblicizzare un video da parte di una infermiera sorda o da un infermiere interprete o un libro fine a se stesso o un audio realizzato da studenti infermieri, ma a condividere con i cittadini una lettura del mondo che circonda l’ambito nel quale gli infermieri dei nostri territori operano quotidianamente partendo dai bisogni dei più fragili, dei disabili, degli inabili, degli inascoltati, dei non percepiti.
Ci siamo impegnati e continueremo ad impegnarci per intercettare una necessità delle comunità dei ciechi e dei sordi: essere posti nelle medesime condizioni di chi vede e sente, nel nostro caso per mano degli infermieri ai quali si affidano nel contesto della responsabilità del governo dell’assistenza ospedaliera e territoriale, intimamente convinti che questo gesto di riguardo nei confronti dei nostri interlocutori abbia un valore aggiunto ed un peso specifico che l’infermieristica meritava di vedere inclusi e riconosciuti e annoverare tra le qualità che la contraddistinguono tra le professioni d’aiuto e sanitarie.
Quando si valuta una barriera da rimuovere per la fruizione di risposte assistenziali all’altezza delle aspettative e dei diritti dei cittadini, la professione infermieristica è e sarà sempre la prima a cercare soluzioni anche nelle difficoltà delle disabilità sensoriali e quindi nella sfera della comunicazione: questo era il nostro obiettivo e questo abbiamo portato a compimento testimoniando come si possano declinare a livello territoriale sollecitazioni a recepire leggi delle Stato, alla buona amministrazione e alla competente rappresentanza degli Ordini Professioni Infermieristiche provinciali che presiediamo unitamente al Consigli Direttivi.
In particolare: